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domenica 8 aprile 2012

QUANDO IL CALCIO ERA ANCORA CALCIO ED IL GIORNALISMO ANCORA GIORNALISMO - di Giuseppe Di Maggio



Non è un bel momento per lo sport mondiale stretto tra doping ed affarismo, ma soprattutto per il calcio italiano, tra errori arbitrali (a quando i sensori di  porta e la moviola, vogliamo per caso una finale mondiale decisa più dagli  sponsor che dai valori in campo?) e partite dal risultato già deciso in certi  postriboli, visti i personaggi coinvolti, o tramite sms /telefonate tra ex  calciatori/ traffichini/”giornalisti” intenti ad arrangiare il risultato di certe partite per poi giocarsi il risultato esatto della combine nelle varie  agenzie di scommesse. Certi ultras (non tutti), brutta genia di “tifosi” professionisti,stando ai racconti, picchiavano i giocatori per farli perdere e scommettere contro il Bari, tanto la serie A può essere svenduta al miglior offerente.
Tanto il  “gancio” con la malavita c’era già, in tutta la penisola, i più noti: al Nord  Signori fu bomber, al centro Bettarini, fu marito della Ventura, al sud tal Bellavista fa una vita da mediano, ”capitano” di una combriccola di parassiti  che bazzicano gli spogliatoi, pronti a pescare con l’esca delle banconote il  pescetto di turno, tal Masiello Andrea fu Giuda (definizione di Ferrara qualche  sera fa), vendutosi ai miglior offerenti in cambio di 30 denari,  metaforicamente parlando si intende, tanto un auto in più val bene un autogol  nel Derby della Truffa. Naturalmente la similitudine è forzatissima, regge solo  perché siamo nel periodo post Pasqua, nel senso che siamo ai limiti della  diffamazione, per Giuda intendo:egli era uno dei discepoli preferiti da Cristo,  prima dell’ultima cena, ed è stato il più turpe dei traditori perché autore dell'infamia più grande che ci sia stata nella storia dell’umanità ,ma almeno aveva  una sua statura tragica, lo dimostrò suicidandosi per la vergogna di aver  tradito il suo Maestro e comunque le sue azioni erano necessarie al compimento del disegno di Salvezza dell'umanità del Padre Eterno. Masiello è un” piccolo "personaggio, con poca dignità ,mi pare lo abbia  dimostrato fin troppo,e di una fragilità infantile per uno che è padre ,in più  con parecchia spocchia tipica degli uomini ,almeno al momento,mediocri: al  Tifoso che gli si avvicinò per fargli i complimenti come difensore non regalò  neanche un sorriso, non lo guardò neanche negli occhi, dandogli giusto per  congedarlo subito, non a caso, la mano sinistra da stringere… chiaramente spero  paghi duramente i propri errori, senza gesti estremi, ovvio. Però per il bene  dello sport non deve più neanche avvicinarsi ad un campo di calcio :la  punizione più grande per questi personaggi è la damnatio memoriae nell’ ambito  sportivo, spero che il mondo del calcio la eserciti immediatamente verso di lui  e verso gli altri calciatori coinvolti per cui valgono le stesse parole e lo stesso sdegno,i vari Doni, Paoloni, Micolucci e gli altri signorini coinvolti. Posso sembrare fin troppo duro,un insegnamento di nostro Signore Gesù Cristo è stato quello di non giudicare se non si vuole essere giudicati,però quando un  ragazzo che potrebbe essere tuo fratello sbaglia soprattutto in contesto dove  tu ne fai parte,come giornalista e come tifoso,io sento il dovere di  riprenderlo per non farlo più sbagliare, anche dandogli un paio di “schiaffi” morali;il mio augurio è che le loro lacrime siano veritiere,e non false come è  accaduto per certi “politici”ad esempio,e che ci sia un pronto riscatto nel “gioco”della vita,ripeto nel calcio no,è giusto pagare se si è sbagliato in  questo modo. Archiviata,almeno per il momento,questa brutta vicenda,mi preme ricordare la  figura di uomo recentemente scomparso, un calciatore esemplare ed autentico 
sportivo, che ha onorato le maglie che ha indossato, comprese quelle di Foggia,  Bari e Lazio. Si chiamava Franco Mancini, ed è stato per diversi anni il  portiere della “mia” squadra. E’ morto il 30 marzo, stroncato da un infarto  fulminante in pochi secondi, aveva solo 43 anni. L'ho saputo solo il giorno  dopo ed il primo sentimento è stato un misto di rabbia ed incredulità. ”Higuita”,così lo chiamavano i tifosi foggiani per una somiglianza con il  portiere colombiano, è stato un grande portiere, un libero aggiunto nel Foggia  disposto a zona, icona del calcio zemaniano e protagonista di una stagione positiva del calcio made in Puglia, prima a Foggia e poi a Bari; un amico per i tifosi, schivo ma mai narciso come si comportano i giocatorini odierni invece di ringraziare di essere dei privilegiati, purtroppo per noi . Mancini era il preparatore dei portieri nel Pescara di Zeman, scosso come mai non sia stato per la morte del suo allievo prediletto. Si è giocata lo stesso Pescara-Bari,  nonostante molti ne chiedessero il rinvio, anche io sarei stato propenso a questa eventualità, però pur con le lacrime almeno si è onorata la sua memoria sul campo, ed è stato meglio così: è dura andare avanti, penso soprattutto alla moglie ed ai figli, ai parenti e agli amici di Franco; la compostezza ed il  coraggio mostrati dal figlio di “Higuita”,sentimenti già adulti seppur intrisi dal dolore acerbo di un ragazzo improvvisamente orfano di padre, ci dicono come nonostante tutto una partita di calcio possa ancora celebrare un suo grande interprete(un vero gigante per lealtà e sportività rispetto agli ultimi nani in maglia biancorossa) che troppo presto ci ha lasciato:grazie ancora Franco, che tu sia sereno dovunque ti trovi. Purtroppo il weekend a cavallo tra la fine di marzo e l’inizio di aprile è stato funestato da due altri lutti, quello di Giorgio Chinaglia il “Long John degli anni settanta” per anni bomber della Lazio e della Nazionale e quello di Antonio Ghirelli, un grande Giornalista, non solo sportivo, per anni direttore del Corriere dello Sport dove ha scritto il suo ultimo pezzo. Giorgione ci lascia all’età di 65 anni, era malato di cuore da tempo, si era appena operato e l’intervento sembrava essere riuscito: era però predisposto a morire anche lui per colpa del cuore; almeno è morto nel sonno, serenamente. Meriterebbe un ritratto più coproso, lui insieme alla sua Lazio degli anni settanta, un articolo anche in chiaroscuro, magari più il là lo scriverò: la vita dell'uomo e del calciatore è stata controversa, anche troppo per essere “liquidata” in poche righe. Però è stato uno degli ultimi a tenerci, veramente, alla maglia azzurra, nel bene e nel male. Ghirelli, spentosi alla veneranda età di novant’anni, avrebbe ricordato questi due campioni individuando le locuzioni più adatte e soprattutto gli aggettivi calzanti per commemorare “Higuita” e Long John e da vero aedo dello sport e non solo quale egli è stato ci avrebbe fornito un grande ritratto di entrambi. Rimarrà un Maestro anche per i giovani giornalisti che non hanno avuto la fortuna di conoscerlo, ma che come il sottoscritto si sono formati grazie al suo prezioso libro “Storia del Calcio italiano”, un testo fondamentale insieme a quelli di Brera, Palumbo e Arpino per conoscere l’essenza del calcio raccontato da grandi scrittori. Immagino ,dovunque si trovino, ma mi auguro  nello stesso luogo, che le discussioni tra loro siano fin troppo accese,ma spero non troppo,e chissà che Ghirelli non sia costretto a far da paciere tra i suoi colleghi, come faceva anni fa nelle tribune degli stadi quando il calcio era ancora vero calcio e giornalismo ancora vero giornalismo.

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