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domenica 25 marzo 2012

L'UMANITA' DELLA MORTE E DEGLI DEI: LA VERA LEGGENDA DI AGARTHA - di Daniela Guadagni

 Titolo: Children Who Chase Lost Voices/ Children Who Chase Lost Voices From Deep Below
Titolo originale:  Hoshi o Ou Kodomo
Regia: Makoto Shinkai
Studio di animazione:
Comix Wave Films
Genere:
Fantasy/Avventura
Durata: 116 min.
Disponibile in Italia:
Si

«Facciamo un viaggio
per imparare cosa significa dirsi addio.»

Shun ad Asuna


L'animazione giapponese non è solo serie anime televisive o oav speciali di un'ora. I più grandi virtuosismi vengono quasi sempre raggiunti con i film di animazione, grazie ad un budget più elevato, ad una storia condensata  in pochi minuti -se paragonata alle ore dedicate alle serie televisive-, e a geni del calibro di Hayao Miyazaki (La città incantata, Il Castello Errante di Howl)

Uno dei registi che ha fatto maggiormente parlare di sé nell'ultimo decennio è sicuramente Makoto Shinkai, considerato da molti l'erede spirituale del sopracitato Miyazaki. Con il suo geniale La voce delle stelle (Hoshi no Koe), un oav di venti minuti, ha dimostrato al rarefatto mondo dell'animazione quello che il talento e la passione possono fare seppur con pochi mezzi a disposizione. In seguito, con 5 centimetri al secondo, Shinkai è passato dalla creazione di anime “casalinghi” alla produzione di un film che ha segnato l'immaginazione dei fan in tutto il mondo.

Ma è con Hoshi o Ou Kodomo (Children Who Chase Lost Voices) che il giovane regista ha raggiunto il culmine della sua maturazione artistica.

Hoshi o Ou Kodomo riprende ed elabora un tema molto caro a Shinkai, presente in tutte le sue opere: la distanza fra le persone, la separazione che segue inevitabilmente ogni incontro. Ma se ogni sua opera precedente si concludeva con una nota dolceamara, qui Shinkai va oltre; oltre alla distanza fra le persone e alla perdita di una persona cara, in questo film egli racconta come superare il dolore di quella perdita, e imparare a guardare al futuro.

La storia inizia con Asuna Watase, una giovane studentessa delle medie che eccelle nello studio e si prende cura della casa al posto della madre spesso assente per motivi di lavoro. Un giorno, grazie ad una radio costruita da lei e ad un cristallo lasciatole dal defunto padre, Asuna riesce ad ascoltare una canzone che cambia la sua vita. Rapita da quella melodia e desiderosa di ascoltarla di nuovo, Asuna si reca ogni giorno sulla montagna, dove ha costruito il suo rifugio segreto.

Un giorno però viene attaccata da un mostro spaventoso, simile ad un orso, e riesce a salvarsi solo grazie all'intervento di Shun, un misterioso ragazzo che possiede un cristallo simile al suo. Fra Asuna e Shun nasce una splendida amicizia, ad un passo dall'amore ma non ancora tale. La ragazza non sa nulla del suo misterioso amico, ma si illude di avere davanti a sé molto tempo per scoprirlo.

Ciò che Asuna non sa è che Shun è un abitante di Agartha, il leggendario mondo sotterraneo in cui millenni or sono si rifugiò una parte dell'umanità assieme agli antichi Dei, i Quetzal Coatl, che la proteggevano. Dimenticati dagli uomini, Agartha e i suoi dei si avvicinano inesorabilmente alla fine. Nonostante sia ormai un mondo morente, Agartha è però ancora oggetto di desiderio per quei pochi abitanti della superficie che se ne ricordano; la leggenda narra infatti di come in quel luogo si celi il segreto della vita eterna, o il modo di riportare in vita una persona morta. Ogni storia o mito che racconti il viaggio di un eroe per riportare in vita una persona amata (Orfeo ed Euridice, Enea e Didone), è sempre ricollegato ad Agartha.

Un'altra cosa che Asuna non sa è che Shun è salito in superficie per morire. Afflitto da una malattia mortale, infrange la legge millenaria di Agartha per esaudire il suo ultimo desiderio: vedere il “mondo di sopra” e incontrare Asuna, colei che è riuscita a sentire la sua ultima canzone.

Incapace di accettare la sua morte e il vuoto che ha lasciato, Asuna intraprende un viaggio verso Agartha assieme a Ryuji Morisaki -un uomo che vive al solo scopo di strappare alla morte l'amatissima moglie defunta dieci anni prima- e Shin, fratello minore di Shun che inizialmente lei scambia per l'amico morto. Compito di Shin è recuperare il cristallo del fratello, sigillando così Agartha dal mondo esterno per sempre. Ma l'affetto che gradualmente inizierà a provare per Asuna gli impedisce di portare a termine il suo compito, ed egli proteggerà la ragazza a costo di grandi sacrifici.

Shinkai racconta le sue storie per immagini. Guardare un suo film è come osservare un quadro in continuo movimento. Il viaggio attraverso Agartha, un mondo antico e costantemente ferito dai contatti con la realtà esterna (conquistatori o predoni che volevano razziare i suoi segreti), è un viaggio simbolico nel mito. I continui riferimenti teologici, mitologici o a civiltà antiche si sprecano; tema centrale resta comunque la morte e l'elaborazione del lutto.
Facciamo un viaggio per imparare cosa significa dirsi addio” dice Shun ad Asuna in sogno, ed è in questa frase che si cela l'essenza del film. Il mondo di Agartha, per quanto stupendo, è un mondo giunto alla fine. Un mondo di morte, in cui persino gli Dei marciscono, impazziscono in prossimità della fine o scelgono di intraprendere un ultimo viaggio per morire. Profondamente umani e tristi sono i sentimenti dei personaggi; dalla paura di affrontare la realtà di Asuna, al rifiuto ben più deciso e netto di Ryuji, che trasformerà il suo viaggio in una follia distruttiva che lo porterà a preferire “i morti ai vivi”, andando contro ogni legge naturale per soddisfare il suo bellissimo ma egoistico amore per una donna che non c'è più. Umano è anche Shin, che nonostante la sua giovane età deve prendere decisioni difficili, ma è dotato della rara capacità di discernere il bene dal male o, nello specifico, di scegliere il bene degli altri, e del coraggio per affrontare le sue scelte.

Sul lato squisitamente tecnico, Shinkai ormai ci ha abituati ai suoi fondali di rara bellezza, capaci da soli di supportare l'intera storia. Ad un chara design forse non particolarmente brillante si accostano numerosi riferimenti allo stile di Miyazaki, a cui ultimamente Shinkai viene sempre più accostato; ma non si può né si deve parlare di “plagio”, quanto di dovuto omaggio ad un maestro che ha saputo imporsi a livello mondiale. Altra nota doverosa è la colonna sonora, commovente e onnipresente nelle scene più significative, con brani in grado di sottolineare alla perfezione la tristezza che pervade tutto il film. Particolarmente pregnante è il brano di chiusura, “Hello, Goodbye & Hello” che accompagna lo spettatore durante le ultime, significative scene, ancora immerse nella malinconia dell'addio (dello spettatore al film, o di Asuna alla “vecchia se stessa”) ma pervase da una dolcissima speranza nel futuro.


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