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domenica 7 agosto 2011

ROUSSEAU: L'AMORE-PASSIONE, GIULIA E SAINT-PREUX TRA AUTONOMIA ED ETERONOMIA (parte 1) - di Carla Righetti

"L’amore è il campo dell’eteronomia?"
Analisi della "Nuova Eloisa" di Jean Jacques Rousseau 


- Dissertazione in tre parti.




Amore e dipendenza della coscienza.

L’amore che troviamo nella “Nuova Eloisa” è un amore reciproco. Le prime tre lettere sono di Saint-Preux: la confessione d’amore, il dolore di essere trattato freddamente, la richiesta, a Giulia, di venire allontanato dalla sua stessa mano, poiché, per il sentimento che crede senza speranza, non c’è alternativa a quella di allontanarsi. “Non vi posso fuggire di mia volontà” (I, 1) scrive. L’amore, che ancora non sa di essere corrisposto, ha comunque già affidato alla donna amata la sorte dell’uomo che lo prova. Tanto più, con la scoperta della reciprocità, la possibilità di abbandonarsi l’uno all’altro stringerà il nodo delle due anime, rendendo impossibile, fino all’ultimo, quell’intimità dei cuori che sarà il pilastro a sostenere l’amore-passione di Giulia e Saint-Preux, nello scorrere degli anni e nel susseguirsi delle vicende del mondo (le varie partenze di Saint-Preux fino a quella parigina), e quella del matrimonio.

In I, 4 Giulia affida la propria innocenza alle virtù dell’uomo di cui si è innamorata, confidando nei suoi “sentimenti d’onore”. Ciò ricambia l’abbandono con cui Saint-Preux aveva lasciato la propria sorte nelle mani di lei, ed è a sua volta ricambiato dal rispetto in cui Saint-Preux adora ed onora la persona di Giulia: “la mia fiamma e il suo oggetto manterranno entrambi una inalterabile purezza”, poiché “io non sono un vile seduttore” (I, 5). Anche più tardi Saint-Preux farà notare di disprezzare il comportamento di Abelardo, che si è innamorato dell’allieva dopo aver volutamente desiderato di entrare nelle sue grazie. Sebbene da un punto di vista materiale l’esito sia identico (l’amore dei due amanti), quello di Saint-Preux è dettato puramente da un sentimento che non è riuscito a reprimere, e che rispetta come cosa sacra l’oggetto proprio. Ma se in un primo momento Saint-Preux, come un cavaliere cortese, percepisce il valore del proprio sacrificio davanti allo smarrimento dell’amata, nel momento in cui lei mostra di nuovo sicurezza, si vede privato dei momenti di intimità. “Questo così vivace amore, come s’è fatto placido in poco tempo!” (I, 8) esclama, lamentandosi, temendo che la gaiezza di Giulia sia segno di un sentimento leggero. I tormenti che lui continua a sentire in seno alla felicità teme non suscitino neppure la gratitudine della donna. Cerca, Saint-Preux, continuamente la sua Giulia, non può fare a meno di riportare a lei tutti i moti dell’anima. Già qui emerge la differenza con cui i due si rapportano a sé e all’amore: Saint-Preux è l’amante traboccante di passione, Giulia l’amata che la accoglie e fa durare. Non che lei non l’ami. Ma l’ama in maniera diversa. “I vostri occhi e i vostri sospiri denunciavano piuttosto trasporti che saggezza” (I, 9) scrive lei, e lui risponde (I, 10): “La saggezza ha un bel parlare per bocca vostra, la voce della natura è più forte. Come poterle resistere, quando si unisce alla voce del cuore?”. Ma alla fine, la risposta di Saint-Preux è, e rimarrà sempre: “tocca a voi regolare i nostri destini; non è un diritto che vi concedo, è una giustizia che vi domando: la vostra ragione deve risarcirmi del male che avete fatto alla mia… vi affido per sempre il dominio della mia volontà”. Ciò rispecchia l’atteggiamento stesso di Rousseau verso le donne amate: “starmene ai ginocchi di un’amante imperiosa, obbedire ai suoi ordini, implorarne il perdono erano per me dolcissimi godimenti, e la più viva delle immaginazioni m’infiammava il sangue quando più avevo l’aria di un amante timidissimo” (le “Confessioni”, libro I, ed.ne Bur 2001, pag. 19).

Saint-Preux, come un amante cortese, vive l’amore nell’esaltazione del proprio amato: “sopprimete l’idea di perfezione e sopprimete l’entusiasmo; sopprimete la stima e l’amore è ridotto a niente” (I, 24). Gli amanti sono l’uno la misura dell’altro: la trasparenza è necessaria affinché sia possibile riconoscersi e sapersi degni nello sguardo dell’altro. Tuttavia questo vale pienamente solo per Saint-Preux, perché Giulia, invece, si allontana da questa maniera di essere amante, privilegiando un ardore meno consumante. Saint-Preux parla con la voce del cuore, si abbandona ai moti della propria natura al punto da non temere di assecondarli con un’immaginazione vivace. Giulia, al contrario, esercita una razionalità che tenta di disporre: è in se stessa che deve trovare quella facoltà a rendere più limpidi i sentimenti propri e quelli di Saint-Preux. Lui è troppo passionale per poter fare questo, dipende da lei nella guida della propria vita come il carro dall’auriga (secondo la metafora platonica). E’ in nome del sentimento che si opporrà, alla fine, al matrimonio con Clara che Giulia gli propone.

Ciò non significa, tuttavia, che Giulia sia dispensata dalle sofferenze. Anzi, in lei la sofferenza fermenta ad un livello tanto più pericoloso, quanto più profondo: “l’anima resiste più facilmente ai grandi dolori che alla tristezza prolungata (…). Tutte le cose svegliano in me un’idea della tua presenza per dirmi che ti ho perduto” (I, 25). Così parla, mentre lui è lontano; anche lei, attraverso la memoria e l’immaginazione, vive languendo un dolore passionale (“più il ricordo di te mi affligge più mi piace richiamarlo”). La ventiseiesima lettera è quella in cui Saint-Preux parla dello scoglio di Leucade, disperato, e ciò getta Giulia in una febbre violentissima, che spinge Clara a richiamarlo. Nella doppia codificazione della personalità di Giulia, quella operata da Saint-Preux ("angelicante") e quella da se stessa, diviene più difficile seguire i moti del suo cuore. Il pudore vela il fuoco del suo amore, lasciando che sia il calore a trasmettersi. Ma quando in lei la passione brucia più forte, non c’è modo di frenarla: nella lettera 29 si rivolge a Clara, supplicandola di tornare. Fa ricadere su di sé la colpa di ciò che è accaduto, dispensando da Saint-Preux ogni accusa di violazione del patto di purezza. Ha bisogno di Clara, e non di Saint-Preux, per avere uno specchio in cui guardarsi, in cui ritrovarsi. Soprattutto perché la perdita della virtù cambia la considerazione che Giulia ha di se stessa, e quindi teme di aver perso l’amica. Solo Clara può aiutare Giulia a rialzarsi dalla caduta. L’amore-passione deve lasciar spazio all’amicizia tra le due donne, fondamento saldo della personalità di Giulia: solo Clara, ora, può comprendere i tormenti di Giulia, che Saint-Preux non riesce a condividere.

Infatti la consumazione del piacere ha effetti opposti sui due amanti. “Abbiamo cercato il piacere e la felicità ci ha abbandonati” scrive lei (I, 32), dopo che lui ha domandato: “Non hai forse seguito le più pure leggi della natura? (…) Ma vedo, tu mi disprezzi come un insensato, perché la mia ragione si smarrisce tra le delizie” (I, 31). Clara consola Giulia (I, 30), ricordandole che un errore non è nulla rispetto a tante vittorie, e che ciò non deve portarla a perdere l’entusiasmo verso la virtù. Saint-Preux non potrebbe restituirle un equilibrio, perché i canoni con cui vivono l’amore sono diversi. Per lui, infatti, la notte d’amore segna un’evoluzione positiva: l’appagamento nel piacere gli ha permesso di entrare in una condizione di minore tormento. E si rivolge a Giulia, domandandole se era prima, che non amava, o se ha smesso di amare ora. Come sempre, è lei il punto di riferimento del suo essere: “dammi il tuo cuore, o mia Giulia, per amarti secondo il tuo merito!”.

Ma la separazione giunge, causata dal padre di Giulia. Milord Edoardo, amico di entrambi, propone di ospitarli, fuggitivi. Giulia si rifiuta (II, 6): è “molto per l’amore” ma non basta per la felicità. Saint-Preux non sa nulla, nel timore che un rifiuto possa costargli troppo. Ed è Milord Edoardo, nella lettera 3 della II parte (a Giulia), ad esprimere chiaramente il dislivello del rapporto tra i due amanti: “Vedo benissimo ciò che sareste senza il vostro amico; invece non vedo che cosa sarebbe lui senza di voi”.

Saint-Preux può abbandonarsi con tanta foga all’amore solo con un’amante come Giulia, che riesce a riequilibrare i suoi slanci. Nella lettera 12 Saint-Preux domanda: “Ma perché tante esortazioni dove bastavano ordini?”. Nella 19, ancora: “Chi mai sarà il depositario dei miei sentimenti, se non tu che li illumini”. Giulia pone al primo posto una virtù che detta regole al cuore, che se non sempre gli si oppone, spesso richiede rinunce e sacrifici: l’amore non può essere vissuto al prezzo dell’onore, proprio perché svilirebbe la purezza di una fiamma che, allora, diverrebbe meramente sensuale. Per questo in II,11 scrive: “se l’anima più pura non basta da sola a fare la propria felicità, è certissimo che tutte le delizie della terra non sapranno mai fare quella d’un cuore depravato”. Saint-Preux è a Parigi, e Giulia teme non che i suoi sensi vengano allettati da piaceri grossolani, ma che il suo cuore, lontano da lei e da una vita ritirata, venga corrotto dal vizio. Saint-Preux risponderà ad ogni lettera raccontando, sinceramente, la vita parigina.

Il punto di rottura è la morte della madre di Giulia. E Giulia decide, senza possibilità di appello, di porre termine alla passione con Saint-Preux: “l’impero dell’amore è spento in un’anima tutta preda della disperazione”. E lui, come sempre, si rimette ai desideri della sua amata, cosciente che (III, 6): “per alimentare una fiamma eterna non mi resta altro che un ricordo amaro e delizioso che sostiene la mia vita e nutre i miei tormenti col vano sentimento d’una felicità che non esiste più”, e (III, 19) “formando altri nodi avete commesso un delitto che né l’amore né forse l’onore vi possono perdonare”. Saint-Preux continua a parlare in nome di quest’amore.

Giulia è disposta a sacrificare se stessa per la felicità di coloro che ama (III, 15), ed esorta Saint-Preux a considerare come positivo il matrimonio tra lei e Wolmar, in quanto capace di “purificare un sentimento così caro per farlo più durevole (…), conservarne quanto ebbe di più incantevole”, visto che oramai “fra noi tutto è cambiato; bisogna forzatamente che cambi anche il vostro cuore”. Giulia sente la commozione del proprio cuore, ma nella tranquillità dei sensi e della coscienza. Tanto che sente il bisogno di confessare al marito l’amore che lei e l’amante hanno vissuto. In questa maniera, Giulia inizia a costituire quella piccola società domestica che vorrà fondata sulla più totale sincerità e trasparenza. Saint-Preux non è d’accordo, le consiglia di non fare questo passo, per evitare di elargire o procurarsi dolore. Anche qui emerge una profonda differenza di fondo: mentre lui, come un amante cortese (e si reputa ancora tale, e non senza picca scrive: “non al vostro sposo avete mancato di parola, ma al vostro amante”, III, 19), è restio a rivelare i segreti d’un amore che si nutre di intimità, lei cerca un riconoscimento pieno della propria persona dal marito. Ha bisogno di un nuovo punto di riferimento, e Wolmar è perfetto.

Infatti regola fondamentale della comunità di Clarens è (IV, 6): “non fare né dire mai cosa che non vuoi che tutti vedino e ascoltino”. E’ l’estensione della sincerità intima di due amanti ad un contesto sociale. Non c’è modo di cadere (secondo la visione dei padroni di casa) in una dipendenza pericolosa da una sola persona, perché l’affetto è distribuito. Infatti l’amore-passione non trova qui quello spazio di solitudine e riservatezza necessario al germogliare d’una immaginazione che nutre la speranza, viene offuscata dal timore, covando l’incertezza senza necessaria ad ogni amore. Wolmar (IV, 12), perno razionale, si mette in un rapporto con l’altro non passibile di emozioni, di pura ed esterna osservazione. Comprende quanto la rappresentazione della persona amata sia cardinale, nell’amore. Lo vede in Saint-Preux (IV, 14): “L’ama nel passato: questa è la chiave dell’enigma. Toglietegli la memoria e sarà senza amore”.

La guarigione che Wolmar e Giulia si attendono di poter operare anche su Saint-Preux riguarda non un violento strappo, ma una graduale sostituzione: nulla è più potente del ritratto, nel cuore, della persona amata. Anche se essa è cambiata, un amore grande non permette la dimenticanza. Ma la memoria, se incalzata da nuove sensazioni e vissuti, può perdere i colori precedenti: la moglie di Wolmar può sostituirsi, secondo le intenzioni del guaritore, alla Giulia amata in gioventù da Saint-Preux.

La memoria si fa custode dell’amore: “l’incostanza e l’amore sono incompatibili: l’amante che muta non muta, comincia o finisce di amare. Quanto a me, ho finito: ma smettendo di essere vostro, sono rimasto sotto la vostra custodia” (VI, 7). Così come Saint-Preux si era affidato a Giulia ancora prima di saperne i sentimenti, adesso, dopo che lei ha affermato di aver mutato cuore, continua a vedere lei come centro dell’universo. Al di là della Giulia attuale, Saint-Preux ha la propria stella. La ferita d’amore è divenuta cicatrice e sigillo. Non è possibile, per lui, un’unione con un’altra, sebbene provi affetto per Clara: “Due amanti si voglion forse bene l’un l’altro? No; voi e io sono parole escluse dal loro linguaggio, non sono più due, sono uno”, e “Il mio cuore si appaga delle sue bellezza ma non le trasfigura con l’illusione”. Con Giulia aveva vissuto quella lacerazione, quel desiderio, che anela al ricongiungimento con la metà perduta. E se adesso ciò non è più possibile, questo non significhi che il suo cuore possa mutare (“il dolce tempo della mio gioventù non potrà più né rinascere, né cancellarsi dalla mia memoria. Abbiamo un bel non più essere gli stessi, non posso dimenticare ciò che siamo stati”). L’episodio a fine del quarto libro, il prendere coscienza da parte di Saint-Preux di aver perso definitivamente la propria Giulia, colei che lui ama, gli ha mostrato l’impossibilità d’un ritorno.
Ancora di più: riconosce l’amore-passione, ma non vede, come Giulia, nel matrimonio una possibilità di farlo durare. Per lui non c’è bisogno di depurare la passione, perché essa è radicata nel più profondo della sua natura, e non può che essere positiva. Inoltre l’ostacolo al ricongiungimento con Giulia è stato già da lei posto anni prima. Quanto è accanto alla moglie di Wolmar è acquietato, ma quando lei non c’è lui rimane solo con se stesso. E alla proposta di matrimonio risponde: “se volevate unirmi a lei, perché non m’avete lasciato un cuore da offrirle?”. E qualche riga dopo: “non ho potuto vivere vostro; morirò solo”.


Amore e libertà dei sensi.

Saint-Preux e Giulia hanno maniere diverse di rapportarsi alla sensualità: se infatti per Saint-Preux è un terreno di prova per manifestare capacità di dominarsi (I, 29), o il campo in cui preservare l’onore proprio e quello di Giulia nella volontà di non sacrificare la stima in un possesso vergognoso (1, 24), per Giulia il turbamento, la necessità di alzare le difese e preservarsi in corpo e anima, si presentano sin dalle prime lettere.

[continua]

1 commento:

  1. Carla Righetti ci regala l'analisi della "Nuova Eloisa di Jacques Rousseau, questa è la prima puntata.

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