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giovedì 25 agosto 2011

FORZA OSCAR – di Nicola Gallo

Impressionante negli ultimi anni l’eco per le imprese di di Oscar Pistorius, il quattrocentista sudafricano che con due protesi tenta la difficile impresa di gareggiare con i normodotati e raggiungere i tempi-limite per mondiali ed olimpiadi di Atletica Leggera.
L’ok è arrivato per Daegu, il mondiale koreano che prenderà il via Sabato 27 agosto e l’olimpiade londinese del prossimo agosto con l’ottimo 45:07 (che sarebbe record italiano assoluto se un nostro connazionale eguagliasse Oscar) conseguito nel nostro paese a Lignano lo scorso luglio.

Un esempio quello di Pistorius, che per lo più viene ammirato e seguito nei meeting di tutto il mondo con un affetto viscerale, che io stesso ho potuto constatare dagli spalti qualche anno fa quando prese parte al Golden Gala di giugno, allo stadio Olimpico di Roma.

Poi certo ci sono gli scettici che contestano le performance del ventiquattrenne, in quanto “le protesi darebbero un vantaggio di 10 secondi sui 400 metri” (secondo Ross Tucker, professore di Scienza del movimento dell’Università di Città del Capo).

Sinceramente in un mondo quello sportivo che spesso fa fatica a perseguire in maniera seria e veloce i positivi all’antidoping, di fronte a queste argomentazioni, ci sarebbe da ridere per non piangere, e non perché l’assunto del connazionale di Oscar Pistorius sia farso, ma perché il Cas il tribunale arbitrale dello Sport più noto come Tas, nel 2008 aveva ribaltato il veto da “International Board del calcio” (quelli che non vogliono nel football la tecnologia in campo, per dire…), della Iaaf.

Tutto può essere, anche un errore in buonfede 3 anni fa, ma avendo presente la sollecitudine della federazione internazionale sul caso a metà dello scorso decennio, mi stupirebbe una loro paura a ribadire la veridicità di un loro parere di qualche anno fa, insomma sarebbe più facile estromettere il sudafricano che altro, al di là dell’eco negativo d’immagine.

Diciamo piuttosto, che al di là delle splendide parole di Erwin Moses, il mito vivente del giro di pista, seppur ad ostacoli, per cui “quello che gli scenziati non hanno capito…. e’ il modello forte che rappresenta Pistorius per tutta una generazione di soldati che sta tornando a casa senza qualche arto, per loro Oscar è un ispirazione” concludendo con equilibrio che “è impossibile quantificare i vantaggi senza aver prima calcolato gli svantaggi” per Pistorius, che il sudafricano fa paura.

Paura perché diverso al di là dello sbaffo più famoso del mondo sulla tenuta da gara, toglie i riflettori di dosso da altri protagonisti dell’Atletica Leggera.

Non si capisce insomma, visto che il pur gran riscontro cronometrico, non lo porterà neppure lontanamente in zona medaglie e probabilmente neanche in finale sia in Korea, sia a Londra, il perché di quest’astio.

Se Oscar volesse barare allora correrebbe un 44’’ da medaglia o con "solo" qualche decimo in più non faticherebbe da anni per il tempo limite ogni 2 anni, per dire mancato a Pechino nel 2008.

Poi certo secondo Tucker è tutto “una farsa” lo sviluppo delle protesi è paragonabile “a quello della Formula 1”, poi viene in mente il caso della Semenya ed allora sarebbe il caso di avere un po’ di rispetto per l’evidenza.

Come Caster era un uomo e non poteva gareggiare con le donne sugli 800 mt, così Pistorius è un atleta senza gambe che ha conseguito il diritto a partecipare al campionato iridato e se permettete meglio lui di quel Justin Gatlin beccato all’antidoping 4 anni fa e tornato, in quest’occasione  alle gare.

O di gente perdonata più e più volte dalle federazioni d’origine che hanno coperto le positività per poi magari essere squalificata dopo medaglie conseguite ai massimi livelli.

Tanti sono stati salvati, coperti, giustificati al secondo, terzo caso di positività, ad Oscar non dovrebbe essere data una seconda chance, dopo quella negata dal destino.

Certo sulla vicenda pesano i fattori dell’emotività e l’evidenza scientifica, come scrive, giustamente,  Franco Fava, sul Corriere dello Sport di ieri, 24 agosto, io sono come il giornalista per la pragmaticità:

ha meritato: gareggia, meglio lui a riscattare un movimento troppo permissivo talvolta con i vizi umani, ma questo è un difetto antico che la Wada (l’agenzia mondiale antidoping), ha diffuso come un morbo da un decennio.

I due pesi e due misure sono all’ordine del giorno, c’è chi può il ciclista spagnolo Valverde (salvato dalle autorità sportive spagnole) e chi no come lo schermidore italiano Andrea Baldini, il gran favorito nel fioretto a Pechino 2008, escluso per un surreale caso di doping, sarebbe bello che per una volta nel dubbio non si perpetrasse un’ingiustizia, soprattutto postuma.

1 commento:

  1. Alla vigilia dei mondiali di Atletica Nicola Gallo si sofferma sul caso di Oscar Pistorius.

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