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lunedì 13 giugno 2011

LA SICUREZZA SUL LAVORO TRA OBBLIGHI E COSCIENZA SOCIALE: "RESPONSABILIZZARE OGNI INDIVIDUO E' LA CHIAVE PER ABBATTERE GLI INFORTUNI" - di Damiano Lorenzini

Anche a seguito dei continui appelli del Presidente della Repubblica, molto più spesso che in passato, si sente parlare di morti bianche ed incidenti sul lavoro. Tanto che più di qualcuno chiede a noi addetti ai lavori, chi vi scrive si occupa di sicurezza da oltre 5 anni, quanto realmente questo problema sia reale e quale sia la sua proporzione sul territorio nazionale e locale.

Prima di iniziare qualsiasi discorso di tipo prettamente statistico e tecnico ci tengo a precisare che personalmente ritengo che fino a quando c’è qualcuno che la mattina si sveglia per andare al lavoro e non torna a casa dai suoi cari, da sua moglie e dai suoi figli significa che c’è qualcosa che forse si sarebbe potuta fare e che non si è fatta.

Noto con dispiacere invece che l’informazione solitamente mette in risalto i fatti più crudi di cronaca relativa alle morti sul lavoro ma non specifica mai che il fenomeno infortunistico in Italia è in calo più o meno costante da oltre 10 anni con un dato in controtendenza solo nell’anno 2006.

Oltre l’abbassamento drastico delle morti e degli incidenti sul lavoro, anche dal punto di vista strettamente medico nell’ultimo ventennio il tipo di danno si è modificato in maniera abbastanza evidente, infatti si è passati dalle malattie da lavoro alle malattie correlate al lavoro ovvero da quelle malattie spesso a carattere acuto e con un unico agente eziologico, dove la causa è solamente di tipo lavorativo, a quelle multifattoriali (solitamente tumori) che sono di tipo cronico con tempi di latenza estremamente lunghi, anche decenni. In questi casi il lavoro può essere stato una delle concause dello svilupparsi della malattia ma non si conosce in maniera quanto decisiva; infatti bisogna tenere in considerazione anche altri aspetti strettamente personali quali il tipo di alimentazione, l’abitudine al fumo ed all’alcool, l’ubicazione dell’abitazione e con quali materiali sono stati fatti i mobili, la tipologia di detersivi utilizzati dentro casa e così via: questi sono tutti fattori che devono essere messi in relazione e ponderati nello scoprire in quale percentuale il lavoro abbia inciso nello svilupparsi della malattia.
Per cercare di diminuire non solo gli incidenti e gli infortuni più o meno gravi ma anche le malattie correlate al lavoro l’Europa ha prodotto nell’ultimo ventennio una serie di leggi con il fine di migliorare prima di tutto la qualità delle condizioni di lavoro degli operai cercando di creare un substrato di coscienza della sicurezza che avrebbe dovuto imprimere forza a  quella spirale positiva necessaria per riuscire in questo intento.

L’ultima in ordine di tempo è il D.Lgs. 106/09 che è andato a modificare, ed in alcuni punti anche in materia sostanziale, il precedente D.Lgs. 81/08 meglio noto come “Testo unico sulla Sicurezza”, il quale pone l’accento in modo anche abbastanza pesante sul fatto che la sicurezza non è territorio per pochi ma tutti, dal datore di lavoro fino all’operaio,  all’interno di ogni azienda piccola o grande che sia sono parte attiva, ognuno per i propri ruoli, del continuo miglioramento della sicurezza. Ovviamente la maggior parte degli obblighi quali la formazione dei lavoratori, del Rappresentante per i Lavoratori per la Sicurezza e della squadra emergenze, le visite d’idoneità specifica, l’acquisto e consegna dei dispositivi di protezione individuale, lo studio dei rischi della propria azienda e delle migliorie che si possono effettuare sono tutte in capo al datore di lavoro, però finalmente si è iniziato a responsabilizzare anche le figure intermedie ed i lavoratori stessi, che hanno l’obbligo di avvertire qualora si accorgessero dell’insorgenza di un rischio, di curare, mantenersi e richiedere i dispositivi di protezione individuale ma soprattutto di pensare loro per primi alla loro sicurezza anche rifiutandosi di effettuare lavorazioni per le quali non ritengono di aver avuto formazione di sicurezza sufficiente, poiché la vita di ognuno di noi è unica e sacra e non possiamo demandarla a qualcun altro.

Proprio per questo ritengo che continuare a cercare di capire perché sono avvenuti alcuni incidenti e trovare giustamente i responsabili dell’accaduto, sarebbe più corretto puntare a creare quella “cultura della sicurezza” di cui spesso le autorità politiche parlano senza dare un seguito a tali dichiarazioni.
Concludo dicendo che secondo me si dovrebbero creare campagne con i lavoratori che provengono da Paesi diversi dal nostro, con l’ausilio di traduttori madrelingua, poiché spesso provengono da posti dove la sicurezza per i lavoratori è flebile e la vita umana ha un valore diverso dal nostro e non riescono ad integrarsi in maniera corretta.
Un discorso similare andrebbe fatto per le scuole a partire già dai primi cicli scolastici, per arrivare fino alle superiori, creando incontri e dibattiti dove non vengano messi in evidenza solamente i comportamenti erronei ma facendo vedere i comportamenti corretti partendo dalle cose più semplici quali tenere un casco in testa e muoversi senza che cada fino all’utilizzo di imbragature di sicurezza, allo studio delle conseguenze con l’ausilio del medico ed alla visita presso stabilimenti e/o cantieri in modo che possano vedere e toccare con mano quali sono le reali dimensioni di quello di cui si è parlato in modo che imparino ad avere quell’occhio vigile ed attento che un domani potrebbe salvargli la vita.

1 commento:

  1. Damiano Lorenzini focalizza l'attenzione dei lettori di Meta sulla tematica della sicurezza sul lavoro. La consapevolezza e la responsabilizzazione di noi tutti è la precondizione per affrontare e vincere il problema.

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