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sabato 4 giugno 2011

CITTADINANZA: E SE LA TOGLIESSIMO A QUALCHE ITALIANO?

Si discute tra la gente sul tema della concessione della cittadinanza, da parte dello Stato Italiano, agli stranieri residenti. Ricordiamo che, ad oggi, sono 4 milioni gli stranieri residenti entro i confini nazionali, che regolarmente lavorano, versano tributi nelle casse dello Stato, degli enti locali ove dimorano e mandano i loro figli nelle scuole, pubbliche o private, di ogni ordine e grado. 

La legge attualmente in vigore prevede la possibilità da parte dello straniero di far richiesta di ottenimento della cittadinanza italiana al compimento del decimo anno di continuativa residenza regolare nel nostro paese. Discorso diverso è per i bambini figli di stranieri, infatti il nostro è un paese che basa la sua legislazione sullo ius sanguinis (diritto di sangue) e non, come in altri paesi come Francia, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti, sullo ius soli (diritto di residenza). Pertanto oggi un bambino che nasce in Italia da genitori non italiani non è italiano ma per ottenere la cittadinanza dovrà attendere il compimento del diciottesimo anno di età, proprio perché lo ius sanguinis si basa sul principio per cui è italiano solo chi è figlio di italiani indipendentemente dal suo luogo di nascita e residenza. Paradossalmente sarà più agevole ottenere la cittadinanza italiana per il figlio di italiani emigrati in Argentina nato e residente a Buenos Aires, che per il figlio di una coppia di argentini nato e residente regolarmente a Roma. Ci permettiamo di affermare che questa condizione ci pare quantomeno contraddittoria, visto che il bambino nato e residente in Argentina sarà italiano presumibilmente senza parlare una parola della nostra lingua e magari senza essere stato neanche per 1 giorno in Italia, mentre il bambino figlio di argentini che vive nelle borgate di Roma, parla italiano, frequenta le scuole italiane, per essere ufficialmente riconosciuto come italiano dal suo Stato dovrà attendere 18anni e sottoporsi magari ad estenuanti trafile burocratiche. 

Questo tema troppo spesso lo si mescola alla questione immigrazione clandestina compiendo un grave errore. Infatti tale questione è rivolta esclusivamente a chi, straniero di origine, vive regolarmente con noi e ci sta al fianco tutti i giorni condividendo con noi: lavoro, interessi, problemi e disagi. In Parlamento esiste un disegno di legge che vede come primo firmatario ed estensore, l’On Fabio Granata (all'epoca Pdl ora Fli) che ridefinendo i criteri per l’ottenimento della cittadinanza sta destando grande scalpore nell’opinione pubblica e nelle istituzioni. Si prevede infatti la riduzione da 10 a 5 anni di permanenza regolare per poter presentare richiesta di cittadinanza. L’ottenimento della stessa non sarà più automatico e meramente burocratico come ora ma si dovrà superare un esame di “Cultura Italiana”, che il richiedente dovrà sostenere in lingua Italiana, ove sarà esaminata, tra le altre cose, la conoscenza delle nostre leggi, della nostra Costituzione ed i principi di convivenza civile che la ispirano. Per i bambini nati in Italia figli di immigrati invece si prevede l’ottenimento della cittadinanza non più al compimento del diciottesimo anno di età ma sarà legato alla frequentazione di almeno 1 ciclo scolastico, ossia il bambino sarà cittadino Italiano dopo aver terminato le scuole elementari. Questo sarebbe un’inversione di tendenza rilevante che in parte modificherebbe lo ius sanguinis per adeguare la nostra legislazione allo ius soli. 

I sostenitori della legge propongono una via italiana all’integrazione preoccupandosi di integrare senza traumi e tumulti sociali chi inevitabilmente da immigrato vorrà mettere radici e famiglia nel nostro paese con doveri da praticare ma anche con diritti da esigere. I detrattori di tale linea affermano il pericolo di un’invasione straniera che snaturerebbe l’italianità e intravvedono il pericolo di dare, attraverso la cittadinanza, il diritto di voto ai non italiani. Per costoro un Obama italiano desterebbe scandalo evidentemente. 

Il diritto di elettorato attivo e passivo per chi non è di “razza italica” viene visto da certi ambienti come un modo per inquinare, drogare, sovvertire, manipolare, gli esiti delle consultazioni elettorali. Orbene, l’idea che allargare il suffragio democratico sia un inquinamento ci sembra curiosa, ma non sottovalutiamo le motivazioni di costoro ed anzi ci sentiamo di lanciare una provocazione a tal proposito. Siamo sicuri che oggi, pur avendo diritto di voto i soli italiani doc, l’esito del voto non sia in alcun caso influenzato o manipolato o inquinato? Ma le mafie non esercitano il loro potere proprio gestendo la manipolazione dell’esito elettorale per garantirsi vantaggi? Sentito mai parlare di voto di scambio? E il clientelismo cos’è un piatto tipico della “Padania”?. Ci risulta che le mafie siano italianissime ai cui vertici siedano super italiani. Come la mettiamo allora? 

Un fortunato slogan proposto dall’attuale presidente della Repubblica francese Sarkozy (Ungherese di origine anche lui) recitava: “la francia a chi la ama”. Ci sentiamo di far nostro questo principio perché sia italiano chi vuole esserlo, chi dimostra davvero di sentirsi italiano per i valori della nostra nazione. Pertanto perché non si prevede un istituto giuridico che possa, non solo dare, ma anche revocare la cittadinanza a chi si macchia di reati o crimini particolarmente odiosi che minano il normale convivere civile? Reati come l’associazione mafiosa, la pedofilia, le violenze carnali, l’omicidio ed in genere i reati contro la persona umana? Le questioni legate all’immigrazione richiederanno sempre più ampio confronto tra visioni diverse ma non incompatibili, per giungere ad una sintesi di società moderna capace di sviluppare l’italianità del terzo millennio. Per farlo occorrono ragioni da confrontare e non stridenti ululati, improduttivi quanto a volte pericolosi, emessi da chi, veste i panni di difensore dell’italianità nei giorni pari e si autoproclama “padano”in quelli dispari.

di Andrea Titti.

1 commento:

  1. Il punto di vista del direttore sul tema della cittadinanza per i nuovi italiani, ma anche per i vecchi che troppo spesso dimenticano come il nostro paese sia agli occhi del mondo per storia e cultura il luogo dell'accoglienza, fermo restando diritti e doveri da rispettare, per tutti.

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