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martedì 21 giugno 2011

ATTENTI ALL'ILLUSIONE FEDERALISTA - di Andrea Titti

Tutti si dichiarano entusiasticamente federalisti, il federalismo sembra la panacea di tutti gli italici mali, col federalismo tutti avranno la loro opportunità, servizi di maggior qualità in ogni regione, praticamente l’Italia diventerebbe di colpo il paese di ben godi. Ma sarà vero? In genere quando c’è un così totale apparente unanimismo diffidiamo dall’unirci al coro. Perciò ci poniamo degli interrogativi che crediamo rappresentino dei nodi cruciali per la coesione sociale e l’esistenza stessa dell’Unità Nazionale, che, a nostro avviso, non è valore immune da rischi se si compiono scelte gravi con superficialità.






Il federalismo infatti è un modello di organizzazione statuale praticato in presenza di forti divisioni etniche tra le popolazioni residenti in un dato territorio, che, farebbero fatica ad integrarsi tra loro, perché portatrici di diverse identità, non di rado stridenti tra loro. In questi casi uno Stato Federale viene in soccorso, perché conserva le identità pregresse e le unifica in una forma di Governo bilanciata tra competenze centrali e autonomie locali. In Italia esistono popoli con identità confliggenti che non si integrano tra di loro? Assolutamente no! L’Italia, pur avendo una tradizione di forti identità municipali, contiene una sola identità nazionale, che è sintesi di diversità ma, la gens italica è storicamente unitaria. Basti pensare che sul suolo patrio non c’è mai stata una guerra civile separatista ma al contrario, vi sono state guerre per l’Unità Nazionale. Qualcuno dovrebbe rispolverare il suo bignami alla voce Risorgimento.

La Padania è una pura invenzione propagandistica tant’è che nessuno è capace di tracciarne i confini geografici: dove inizia e finisce il nord? In Italia non esiste dunque una questione territoriale? Si, ma nulla ha a che fare col separatismo e le secessioni, più o meno mascherate. La questione territoriale italiana che coincide con la tanto declamata questione meridionale è perfettamente paragonabile alle vicende della Germania unificata. Infatti in quel paese dal 1945, per via della guerra fredda e della divisione in due blocchi del mondo, si è verificata una spaccatura tra Germania occidentale (libera e capitalista) e Germania Est (comunista) che ha portato a fortissimi squilibri economici e politici tra le due parti, ma non ha mai mutato la sostanziale omogeneità culturale e identitaria delle popolazioni al di qua e al di la del muro di Berlino. In Italia in ballo ci sono squilibri economici e di sviluppo tra nord e sud, non problemi identitari tra le popolazioni residenti.


Quanti meridionali hanno fatto le fortune dell’industria settentrionale e quante industrie settentrionali hanno portato disastri nelle regioni del mezzogiorno? L’argomento meriterebbe una lunga e approfondita analisi a parte. A cosa servirebbe dunque in Italia il federalismo? I sostenitori di questa opzione dicono che è ora di finirla col dare soldi al sud sprecone. Ciò indubbiamente ha un fondo di verità innegabile ma denota subito una incongruenza, la questione istituzionale, nei fatti, viene declassata a questione meramente economica, tant’è che non si parla più di federalismo istituzionale, con tanto di divisioni in macro e micro regioni dello stivale, ma si indica la necessità di un “federalismo  f i s c a l e”, ossia la possibilità di ogni territorio di  conservare per se, la quasi totalità delle tasse versate allo Stato, in modo tale da responsabilizzare le classi dirigenti, le quali, si afferma che, saranno valutate dagli elettori per la loro capacità effettiva di utilizzare i soldi del contribuente.

Ma oggi l’Italia cos’è? Effettivamente non sapremo definire con assoluta precisione la tipologia odierna dell’organizzazione statuale Italiana, essa infatti, si trova in mezzo al guado, tra centralismo formale e federalismo sostanziale. Alcune materie fondamentali, come la sanità ad esempio, sono già oggi federali, sia nell’organizzazione che nella spesa, i bilanci delle regioni sono per il 70% occupati dalla spesa sanitaria. Cosa ha prodotto tutto ciò? Più servizi? Meno tasse? Più qualità della vita? Non ci risulta. Ci risulta invece che ad oggi la sanità è il vero buco nero dello Stato, la fonte primaria di indebitamento di tutte le regioni e la causa principe dell’aumento della tassazione regionale sull’irpef e l’irap, unitamente ad un progressivo peggioramento della qualità del servizio. Ci si dirà, ma i cittadini possono sanzionare l’amministrazione poco efficiente non votandola più! Purtroppo per i cittadini e non ostante una propaganda martellante non è affatto così.

Prendiamo la Regione Lazio. Negli ultimi 10 anni è stata retta da giunte di destra e di sinistra che si sono alternate nel ricevere il consenso popolare, ma tutte con un medesimo comune denominatore, l’aumento dell’indebitamento regionale sanitario. I cittadini hanno punito i governanti ritenuti improvvidi ma chi li ha sostituiti non ha di fatto mutato la situazione, anzi, la crescita, da un lato del debito, dall’altro delle tasse(ticket ecc), insieme ad un sostanziale arretramento della qualità del servizio, sono state una costante. I costi della mala politica, di destra e di sinistra, sono sempre ricaduti sulle spalle del cittadino, anche quando esso, col suo voto, ha voluto sanzionare l’inefficacia del governo locale. Allora che federalismo è questo? Ci direte, ma è solo un esempio!

Bene, prendiamo un’altra materia, le tanto discusse pensioni d’invalidità. Fino a quando la competenza per rilasciare le pensioni è rimasta allo Stato centrale il costo era di 10 mila miliardi di euro annui, da quando la competenza è regionale invece, è schizzata a 16 mila miliardi, da qui la campagna molto forte del governo contro i falsi invalidi. Oltre a cercare, giustamente, i falsi invalidi però, chiediamo di cercare, e magari smascherare, questo falso federalismo, che aggiunge costi e toglie servizi.

Paradossalmente l’Italia vive la condizione per cui, appena si trasferisce la fonte della spesa pubblica dal centro alla periferia essa balza a livelli fuori controllo. Ci vogliamo chiedere il perché? Forse il guaio non sta nelle poche materie trasferite ma nella mancanza di un sistema istituzionale e dei partiti serio e credibile? Finchè non si riformerà la partitocrazia, che ormai si è declassata a oligarchia, non ci potrà essere federalismo fiscale che tenga. 

Più poteri si decentreranno e più si moltiplicheranno i mali strutturali del nostro Paese
.
Non più una burocrazia opprimente, ma venti burocrazie opprimenti, non una oligarchia, ma venti oligarchie imperanti. Qual è dunque il vero scopo dei federalisti nostrani? Molti e circostanziati indizi ci portano a pensare che il vero scopo della Lega sia, non tanto la ristrutturazione dello Stato, ma la sua balcanizzazione che è, di fatto, il preludio per la sua scomposizione. Sarà una svista il fatto che nell’articolo uno dello Statuto del movimento di Bossi c’è ancora scritto “per l’indipendenza della Padania”? Da queste pagine, da tempo, ci facciamo latori di una preoccupazione, tanto diffusa, quanto celata dai media, che vede l’Unità sociale dell’Italia messa a repentaglio, per mezzo di una raffinata strategia politica da troppi snobbata e sottovalutata.
Dietro quel federalismo c’è la secessione morbida.

La vera questione è quella che coinvolge l’efficienza dello Stato, senza affrontare e risolvere la quale, nulla potrà mutare. Oggi in era di globalizzazione ci troviamo a fronteggiare realtà competitive come la Cina, i paesi emergenti del sud america come il Brasile, l’India ecc. Grandi mercati che schiacciano la nostra capacità produttiva e retributiva. Alla globalizzazione si può pensare di rispondere con la regionalizzazione dello Stato? La globalizzazione è un fenomeno di per sé unificante che allarga il perimetro d’azione delle Nazioni, come si può confrontarsi con esso innescando un meccanismo divisivo al nostro interno?Mentre gli altri diventano più grandi noi possiamo permetterci di diventare più piccoli?

Dovremmo invece essere più uniti, agendo davvero per semplificare l’organizzazione statuale, mediante, non solo lo snellimento dei livelli istituzionali, accorpare qualche regione ad esempio (Molise-Abruzzo, Basilicata-Campania), abolire le province, a partire da quelle metropolitane, ma soprattutto riformare profondamente il sistema dei partiti e della rappresentanza. La cappa di potere e di interessi sta soffocando l’Italia che merita e il Paese che produce. Con il federalismo, in ogni sua forma, ad oggi, si avrebbe solo una moltiplicazione dei problemi senza risolverne neanche uno.
Il problema è l’eccessiva tassazione per famiglie e imprese? Col federalismo si avranno più tasse.
Il problema è la sparizione del potere legislativo del parlamento e la non più elettività dei parlamentari, oggi nominati? Avremo 20 consigli regionali di nominati, innalzati al rango di parlamenti.
I servizi sono di bassa qualità? La sanità odierna è l’esempio della qualità dei servizi futuribili in era di federalismo. Potremmo andare avanti per molto ma ci fermiamo qui, per ora.

Smascheriamo i reconditi scopi dei federalisti alla milanese!

1 commento:

  1. Mantenere alta la guardia verso alcune derive "federaliste", in tempi di
    crisi, politica, economica ed istituzionale, rappresenta un dovere per
    chi ha a cuore l'interesse Nazionale della nostra Italia. Questa la
    riflessione che ci sottopone Andrea Titti

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